freccia arancio

 

 "Ovunque ci sono stelle e azzurre profondità"

 

L'altro obiettivo

In armonia

La parola armonia associata alla fotografia richiama in genere la regola della sezione aurea applicata alla composizione.
Intorno al 1200 il matematico Leonardo Fibonacci scoprì il numero aureo: 1,618033.
La sezione aurea è la proporzione basata su quel numero magico. Intuita e usata da tremila anni e definita nell’ Ottocento, sembra rappresentare lo standard di riferimento per l’armonia, la bellezza e la perfezione nella pittura, scultura, architettura, come in natura. Manuali a parte, alcuni grandi fotografi hanno seguito la regola, altri no. Ma la fotografia non è solo composizione, e l’armonia a cui tengo di più è quella dell’incontro fra chi fotografa e chi è fotografato.
Uno dei momenti più in armonia che mi ha regalato il mio lavoro è iniziato in modo del tutto casuale e bizzarro. Ero per un reportage nel più grande villaggio di elefanti dell’India, in Kerala.
Si racconta di un facoltoso fedele, un nouveau riche, che donò al tempio di Sri Krishna di Guruvayur l'equivalente del suo peso, 74 chili, in oro. Ma le donazioni per me di gran lunga più interessanti erano i 64 elefanti alloggiati nei 23 acri di terra di un antico palazzo, il Punnathur Kotta. Di ogni pachiderma si prendevano cura tre mahout: un addestratore, un montatore e un pulitore.
Sia chiaro che gli elefanti sono animali selvaggi che devono stare in natura. In cattività non si riproducono, e durante il calore i maschi impazziscono. Usarli per le processioni dipinti e agghindati nel caldo, fra la folla, è crudele e va abolito. Tuttavia nel villaggio erano molto ben accuditi. Ero stata dalla mattina alla sera per una decina di giorni in mezzo al flusso veloce dei turisti indiani. Un pomeriggio mi si avvicinarono dei mahout proponendomi di coprire la loro assenza per un’imperdibile partita di cricket, lo sport più popolare in India. «Madam», doveva fare il bagno a un maschio adulto di 41 anni, tanto« l’ha visto talmente tante volte che ormai sa come si fa».
I mahout si dileguarono senza manco aspettare la mia reazione.
Fu così che mi ritrovai da sola con due mezze noci di cocco in mano, di fronte a un fetido stagno dove facevano il bagno decine di elefanti tutti i giorni, al cospetto dell’immensa, magnifica creatura. Il gigante si mosse lentamente, pazientemente. Raggiunse l’acqua e vi si immerse coricandosi di fianco, col corpo mezzo fuori, gli occhi chiusi e un’espressione da gatto sornione.
La sua tranquillità mi incoraggiò a raggiungerlo. Che animale!
La pelle è così spessa da sembrare corteccia d’albero, ma la parte terminale della proboscide morbida e sensibilissima. Sapeva che non ero il suo mahout, mi annusava per conoscermi e aiutarmi a fargli il bagno.
Mi incoraggiava spruzzandomi delicatamente. Mi affidai a lui e fu uno degli incontri più straordinari della mia vita. Iniziai a strofinarlo col guscio della noce di cocco.
Il bagno consistè nello scrub di tutto il corpo. Quando mi fermavo perché ero stanca apriva gli occhi e tornava ad annusarmi e spruzzarmi acqua con la proboscide.
Finii completamente zuppa di quell’acqua sporca che però aveva un buon odore di erba e fango, a cavalcioni del suo collo. Mi sopportò con benevolenza non solo mentre lo lavavo maldestramente, ma anche mentre gli sollevavo le orecchie e le labbra per vedere l’interno della  bocca, per contargli i denti, per capire come fosse fatto. Con tutta la sua possanza e la sua gentilezza d’animo, mi sembrava un grande re in esilio.
Mi permise di entrare dentro la storia su cui stavo lavorando, di passare dall’altra parte della macchina fotografica in inaspettata armonia con lui.
Ti amo, elefante!

 

 

Laura Salvinelli
(Fotografa)

 

 

Dante 2

"Il bagno degli elefanti" Punnatur Kotta, Guruvayur, Kerala, India. 1996

 

 

Ascolta il testo con la voce di Monica Ambrosecchia

 

freccia arancio Torna a Rubriche  

 

Social

facebook     instagram     youtube

newsletter

 

Inserisci il tuo indirizzo email per ricevere le notizie dal Circolo "La Scaletta" sulla tua posta elettronica.