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La cultura mediterranea nell’energia creativa di Josè Ortega

 

Intervento del Presidente della Fondazione Zetema, Raffaello De Ruggieri, durante la giornata celebrativa dei cento anni dalla nascita del pittore spagnolo Josè Garcia Ortega (Arroba de los Montes, 1921-Parigi, 24 dicembre 1990), promossa dal Circolo culturale La Scaletta, l’Associazione “Casa di Ortega” Matera , e la Fondazione Zetema, presso il salone delle feste del Palazzo Malvinni-Malvezzi in Matera, nella giornata del 17 dicembre 2021.

Nella durezza del suo volto José Ortega ha scolpito la sfida dell'uomo "meridiano". Nella profondità dei suoi occhi scuri galleggiava l'energia del "continente liquido", il Mediterraneo, nel quale da secoli l'umanità si è tuffata per catturarne la linfa vitale.
Il Mediterraneo è mare, sole, vento, cielo, luce, incanto, ardimento, conquista, scoperta. Un antichissimo crocevia, un grande emporio di scambi, un luogo perenne di contaminazioni di culture e di grandi civiltà.
Una officina millenaria che scava nel dettaglio della sua geneaologia marina, terrestre, temporale per distillare forme di civiltà e destini sempre in movimento da una sponda all'altra, con onde, mareggiate, zattere, battelli, alghe, pesci, arrivi, partenze, ritorni, segretezze di orti chiusi, terrazze, aranceti, capperi.

Vi è un episodio che illumina il suo apostolato mediterraneo e che mi piace ricordare così come lo raccontai tempo fa nella presentazione del volume L’Officina dei Segni:
«In un pomeriggio primaverile, accompagnai José Ortega nel fondo della Gravina, la ruga carsica che fa da piede ai Sassi di Matera. José, di fronte al tramonto che tingeva di rosa la grigia durezza dei luoghi, rimase impietrito, folgorato dalla scarica di elettricità dei volumi, dei colori, dei simboli, degli odori provenienti da un ambiente dove, in un equilibrio di cielo e dì terra, di lavoro e di vita, l'uomo da sempre aveva coabitato con la natura. Fermi, nella visione del punto in cui tufo e cielo si toccavano per farsi confine l'uno dell'altro, i buchi vuoti delle case abbandonate dei Sassi ci apparvero come i pori pulsanti del tempo.
Lo skyline di Matera si stagliava nitido, non spurio, non caotico ma come una linea disegnata dalla fatica, dalla esigenza e dalla genialità di un popolo. In quel momento fu chiaro il linguaggio mediterraneo dei segni e dei colori di Matera. Era la luce a far risaltare i volumi, i vuoti, le altezze, le facciate, i tetti, i comignoli altrimenti mimetizzati e schiacciati nel fondale e nelle quinte rocciose delle due cavee. Erano le striature del tempo che scolpivano la nuda porosità dei manufatti di tufo. “Le radici”, affermava José, “devono diventare il timone per una nuova rotta della avventura espressiva contemporanea”.
Nessun luogo come Matera aveva radici tanto profonde. Nessun luogo come Matera era carico di lieviti segnici per le nuove “avventure espressive contemporanee”
».
Segni non rassegnati, non morti, perché vitali e portatori di nuove sfide Precettammo allora la matrice di un inedito incunabolo per un nuovo percorso comunicativo la casa di Ortega nel Sasso Barisano.
Uno spazio dove non esporre solo i suoi bassorilievi in cartapesta, impastati della sapienza artigianale materana e sublimati dalle forme cromatiche dell'artista, bensì un'area dove fissare il messaggio culturale maturato nel quotidiano colloquio di Ortega con Matera, dove scaricare l’energia solare del Mediterraneo consapevoli che nessuna solarità ci avrebbe consegnato chiavi in mano un progetto che invece dovevamo costruire noi, con le nostre forze, e che, con caparbietà abbiamo realizzato e completato, consegnandolo alla città il 28 settembre 2014: la Casa di Ortega in Via San Nicola del Sole.

Forse questo Sud espresso da Ortega non entrava nei libri dei sociologi ma certamente nella letteratura, nella poesia, nelle tele dei pittori, nei suoi bassorilievi policromi, rivoluzionari nel proporre la tridimensionalità della pittura, ispirata dall'esperienza centenaria dei cartapestai di Matera. Ma Ortega ci ha anche raccomandato che il Mezzogiorno può tornare a svolgere un ruolo non gregario nella storia futura di Europa solo se diviene raccordo tra tutte le sponde di questo mare e solo se ne valorizza la funzione di incrocio e di scambio.
Si tratta di riscoprire l’identità italiana in questa singolare connessione tra Mediterraneo ed Europa e di essere capaci di rielaborare in modo creativo tale protagonismo. Un Sud non più terra estrema e di confine, marginale, ma postazione d’avanguardia che dovrà giocare in prima persona la carta dell’incontro con i popoli del Mediterraneo per recuperare la rendita culturale, politica ed economica di un percorso di comune sviluppo. È qui che può sedimentarsi e ricomporsi il nostro passato e prendere forza il nostro presente.
È qui che possiamo costruire, ricostruire, non già un’utopia ma il terzo luogo possibile conservando la sua ricchezza, la sua natura, la sua sensibilità, il suo carattere, la sua storia. Asia e Medio Oriente, Balcani e Africa settentrionale, Europa e Mediterraneo: il Sud deve immergersi nella interminabile continuità umana del Mediterraneo, ove la conoscenza è stata declinata in cultura, in politica, in religione, in economia, in guerra, in socialità, in vocazione di vivere.
Se siamo quelli che siamo è perché il Mediterraneo è stato ed è parte di noi. E da Matera, che è stata Capitale Europea della Cultura, deve ripartire il messaggio perché l’Europa reimmetta nel suo cuore anche il ritmo del Sud, l’energia e la storia del Mediterraneo.
E dal Mezzogiorno che occorre ricordare che sul Mediterraneo è stata concepita l’Europa, per cui occorre bloccarne l'attuale deriva verso il margine, imposta dalla dominante modernità, settentrionale ed atlantica.
Sono queste le stimolazioni prodotte dal messaggio dell’artista spagnolo che oggi noi possiamo rafforzare riproponendo Matera come attrice di tale impegnata missione, unificando e rilanciando il potere territoriale di due riconoscimenti Unesco, quello della cultura materiale del paesaggio dei “Sassi” e quello della cultura immateriale della dieta mediterranea.
Anche sotto questo aspetto José Ortega è stato un prezioso interlocutore. Quando si parlò della distribuzione dei locali della sua casa materana, indugiammo con Peppino Mitarotonda sul locale cucina e prevedemmo che tale luogo dovesse diventare simbolo di un moderno modello alimentare, quello poi riconosciuto dall’Unesco il 16 novembre 2010 espressione di "moderna abbondanza frugale".

Parlammo allora anche di una casa testimonianza del Mezzogiorno.
Come è noto Mezzogiorno è anche il termine con cui viene indicata l’ora del mangiare, del consumo del pasto, dello stare seduti intorno a un piatto, dello stare insieme. L’ora del desiderio e del piacere nutrizionale.
È stato scritto che: «ogni riflessione sulle culture e le pratiche alimentari è necessariamente discorso sulla società, la civiltà, il pensiero a cui esse sono storicamente legate. Se quelle società e culture sono ancora in vita, il discorso sul cibo può diventare anche un modo per comprendere, ri-conoscere, ri-pensare la loro storia passata e l'identità del presente. Mangiare mediterraneo suggerisce un modo di conoscere fuori da miti e da retoriche il passato alimentare, di segnalarne limiti e splendori.
Richiede un collegamento autentico con le proprie tradizioni e non con la sguardo delle mode e delle industrie alimentari. Il mangiare mediterraneo evoca storie, culture, regole di vita che hanno ancora una loro attualità. E' anche proposta per resistere all'ideologia delle diete, ai nuovi miti alimentari, alle nuove forme di fame e di malessere, alle frette e alla solitudine di altre parti del mondo.
Una via da sperimentare per ripensare una identità ora esaltata, ora negata, un modo per riaffermare un diverso modello alimentare e stile di vita, un nuovo sentimento dei luoghi».
Nel ricordo di Ortega si vuole, dunque, riproporre la civiltà della tavola mediterranea, perché il cibo è stato uno dei codici millenari attraverso il quale si sono prodotti i linguaggi dello scambio e della ospitalità.
Sarà la riproposizione di una civiltà del gusto e della cucina, del piacere della tavola, della gioia del convito, della fragranza degli alimenti, della pietanza come collante sociale e momento fondamentale del vivere.
Anche questo dovrà divenire educazione e diffusione culturale perché si diventa "di-vini" bevendo vino e privilegiati testimoni gustando cibi caratterizzati da stagionalità, tipicità e biodiversità.
Nel ricordo incancellabile di José Ortega, quali custodi e apostoli di tali messaggi, potremo, fieri, brindare al costruito protagonismo mediterraneo di Matera.

Raffaello De Ruggieri

(Presidente Fondazione Zetema, Matera)

 

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