"Spesso la nostra unica verità è il giorno che comincia…"
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Intervista a Paolo Iabichino
Paolo Iabichino in arte Iabicus, è uno tra i più influenti scrittori pubblicitari, direttore creativo e autore tra gli altri del best seller: “Invertising. Ovvero, se la pubblicità cambia il suo senso di marcia”.
“Scrivere civile. Pubblicità e brand al servizio della società” è il suo ultimo libro da poco pubblicato.
Si riporta, di seguito, il contenuto dell’intervista per i Quaderni da lui rilasciata in videoconferenza, al curatore della rivista Edoardo Delle Donne ed all'editor Valentina Zattoni.
Edoardo Delle Donne:
«Dott. Iabichino desidero innanzitutto ringraziarla per averci concesso questa intervista che preferirei in realtà definire una stimolante conversazione. Vorrei dunque chiederle di illustrarci questo nuovo concetto di comunicazione creato e descritto nei suoi libri, che poi interessa direttamente anche noi come Circolo culturale».
Paolo Iabichino:
«Tutto ha inizio nel 2010 con la riflessione sull' invertising, un concetto che porto, per la prima volta, al Festival dell'Economia di Trento del 2009, dove mi venne chiesto dall' Associazione Giovani Industriali del posto di riflettere sulle connessioni tra economia in un momento di piena crisi finanziaria e il ruolo della pubblicità in uno scenario particolarmente convulso.
Mentre mettevo a punto questo panel mi apparve subito evidente che la pubblicità, anche grazie ad internet, era entrata in una dimensione completamente rovesciata rispetto al passato (di qui il concetto di invertising), ovvero non ero più io ad andare verso un target, ma era il pubblico a venire verso la pubblicità nella misura in cui questa riusciva a produrre oggetti di senso.
Al tempo ero reduce dall'avventura straordinaria del Festival di Cannes dove venivano premiati alcuni di questi oggetti e diventavo direttore creativo di una delle più importanti Agenzie digitali in Italia, Ogilvy Interactive, e nell'osservare lo svolgersi delle dinamiche creative all'interno della comunicazione digitale mi imbattevo in quella che ritengo essere stata una lezione magistrale per me: era il mio interlocutore a governare il mio scrivere, era lui a scegliere cosa leggere e a comandare i contenuti di qualsiasi oggetto messo in circolazione.
Incontravo, dunque, un interlocutore finalmente attivo, partecipativo che mi portava a resettare il mio lavoro conducendomi a scrivere contenuti rilevanti per lui, come in un dialogo empatico abbandonando le vecchie logiche legate al prodotto fine a se stesso. Si era ancora lontani dall'introduzione delle piattaforme come Facebook o Instagram.
Si aveva l'illusione che internet potesse migliorare il mondo. In tutto questo spirito positivo credevo che il mio lavoro potesse rappresentare un mutamento, perchè pensavo, penso e penserò che siano le narrazioni a formare l'immaginario, a modificare i comportamenti nel bene e nel male.
Io ho cercato di mettermi dalla parte buona della vicenda, di chi usava le idee e la creatività per mettere in circolazione rotture di stereotipi, a scardinare luoghi comuni, a sensibilizzare il maggior numero di persone sui valori che sono dietro una marca e non solo sulla bontà del prodotto. Alcune committenze mi hanno seguito, ho cercato interconnessioni molto potenti con il non-profit e anche di usare la cultura per sostenere il valore di una marca.
La moda ha anticipato questo approccio con esempi famosi di firme o imprenditori che si sono mossi in questa direzione, la loro "attenzione" e sensibilità verso la cultura ha consentito di recuperare patrimoni locali e nazionali. Queste esperienze, come le riflessioni legate al pensiero di Papa Bergoglio, l'economia civile di Zamagni, attingono a quel modo di "fare "mercato" tipicamente italiano ma commisto di cultura, un legame molto profondo (es. Azienda Ferrero ad Alba).
Ho pensato, quindi, che internet potesse aiutare a riacquistare un minimo di sensibilità e la mia carriera mi ha dato ragione non senza riconoscere parte del successo agli anni in Ogilvy, il cui fondatore mi ricordava: "il consumatore non è uno stupido, il consumatore è tua moglie".
Mi ha insegnato ad avere molto rispetto per gli interlocutori e quando questi sono diventati persone all’interno di internet, il tutto ha assunto una rilevanza esponenziale.
(N.d.r.: sul ruolo di internet: https://iabicus.medium.com/internet-mi-ha-salvato-la-vita-d82ad1d75f80).
Navigando in internet incontravo via via persone con una maggiore coscienza critica prima che il mondo di internet dilagasse rompendo gli argini senza controllo.
Noi, però, abbiamo cercato di proteggere questa sana dimensione narrativa, firmato campagne pubblicitarie in tal senso e Invertising veniva letto da tanti ragazzi, ne venivano tratte tesi di laurea e questo per me diveniva un feedback che mi dava conferma della bontà del mio lavoro e la voglia di proseguire su questa strada.
Seguono altre pubblicazioni e la decisione di lasciare il mondo delle agenzie che si stava intorpidendo attirato dalla realtà delle piattaforme, dalle società di consulenza così da "svendere" la creatività. Decido così di viaggiare "in solitaria" prestando il mio scrivere a quelle realtà che ho percepito e percepisco in sintonia con il mio sentire, gestendo per esempio la campagna di Altromercato, Fondazione Cappellino, Emergency intersecando tutta una serie di situazioni più o meno grandi che davano una chance al mio lavoro ovvero generando responsabilità nelle scelte di consumo.
Nel 2019 arriva il volume Brand Activism di Kotler, il padre del marketing, che definisce il giro di boa e sancisce che si sta sul mercato in modo diverso. La mia creatività si alimenta di questa riflessione trovando così una sorta di garanzia da parte di chi questo mestiere l'ha inventato. Intanto comincio ad insegnare alla Scuola Holden prendendo confidenza con il mondo dei giovani creativi, materia prima molto diversa dagli studenti di economia o scienza della comunicazione già incontrati anni prima nelle università.
Qui c'erano ragazzi che volevano scrivere di creatività con un atteggiamento progettuale più predisposto alla narrazione pura. Sono stati anni bellissimi in cui ci siamo arricchiti reciprocamente ed è su questa generazione che dobbiamo puntare tutte le fiches. Questi ragazzi oggi non comprano le marche, "scelgono" le marche, quando compiono un atto di acquisto lo fanno in funzione di quel ventaglio di valori che queste marche mettono in campo.
(N.d.r.: su Brand Activism, https://www.ipresslive.it/it/ipress/comunicati/view/37014/; sull'esperienza presso la Scuola Holden, Newtrain Manifesto https://iabicus.medium.com/lultimo-treno-8f75f24ec226.
Valentina Zattoni:
«Dott. Iabichino vorrei porle una domanda: in virtù di questa rinnovata visione della pubblicità e dei marchi "responsabili", come lei saprà il patron del marchio Patagonia ha dedicato la sua attività al pianeta terra. Con uno sguardo rivolto in avanti, Lei, a chi dedicherebbe la sua scrittura, la sua creatività?».
Paolo Iabichino:
«In realtà sto già consegnando il mio atteggiamento progettuale alle nuove generazioni che possiedono un bagaglio di competenze straordinarie rispetto alle mie, soprattutto tecnologiche e digitali. Ma vanno allenate alla sensibilità progettuale, educate, anche severamente, al mondo del lavoro soprattutto togliendo quella fascinazione che ancora hanno realtà come lo star system e tutto quello che vi ruota intorno.
Lo sforzo più grande da fare quindi, in termini testimoniali, è provare a consegnare loro una nuova visione progettuale che significa costruire attività di comunicazione che impattino sulla vita delle persone nel generare abitudini di consumo diverse, aderire a valori sani che un'azienda ha fatto propri, condividere modelli di business dove il focus non è il profitto per gli azionisti ma l'attenzione verso tutta la filiera, e di conseguenza anche il profitto ma non si può fare profitto all'interno di un sistema economico puramente estrattivo che non porti a nessun beneficio per la comunità, per il territorio, per il pianeta Terra inteso proprio come organismo vivente, come Gea.
Abbiamo poi avuto dei forti segnali che ci hanno avvertito sulla necessità di uno STOP, il Covid su tutti che ci ha mostrato come siamo collegati, è una lezione straordinaria che in pochi hanno saputo cogliere. Certo lo scenario di crisi non aiuta le aziende che si ispirano a valori di responsabilità perchè sono scelte con obiettivi a lungo termine, perciò nel volume Scrivere civile ho dato risalto volutamente all'esperienza con Ispos Italia, con l'Osservatorio Civic Brands, fondato alcuni anni fa, con cui abbiamo dato voce a venti aziende.
Si deve scegliere come fare mercato e questo è l'oggetto di due grandi sfide che dobbiamo prepararci ad affrontare e cioè, fare mercato significherà prodigarsi per scardinare il cliché della crescita a tutti i costi, siamo obbligati a creare delle palestre di consumo che inducano un cambio di rotta consapevole.
L'altra sarà l’impegno delle marche a promuovere cultura; siamo la culla dell'Umanesimo e nel '500 molti sistemi economici erano intimamente connessi con il branding (Cappella Sistina, Mecenatismo ecc.). Ritengo che questa sia l'ultima possibilità che abbiamo.
Per quanto mi riguarda, oramai non riesco più a scrivere per un certo tipo di pubblicità, di contro le aziende non possono più permettersi di diventare complici di un meccanismo di mercato non più sostenibile e quando parlo di "sostenibilità", termine tanto in voga oggi, mi riferisco non solo alla sostenibilità ambientale, ma a quella sociale, di inclusione, politica. Le aziende che attuano il brand activism sono quelle che consentono alle persone di usare gli scontrini come schede elettorali!.
Credo invece, che scegliere di fare le cose come si è sempre fatto non aggiunge, nel medio-lungo periodo, quel valore differenziante che fa preferire un'azienda rispetto alla concorrenza.
Occorre rischiare qualcosa in più, ricercando i fattori identitari e culturali che hanno ispirato la nascita di un'azienda per trovare archetipi narrativi su cui le aziende potranno capitalizzare, avendo chiaro che l’asset economico è costituito non solo da cespiti, beni, persone ma anche dai valori culturali, reputazionali che possono avere un tornaconto economico.
Facendo leva su questi nuovi driver potremo approdare ad un modello di mercato rigenerato e rigenerativo dove la filantropia può incontrare il profit dando vita a collegamenti virtuosi non in termini assistenziali ma per creare progettualità di rinnovamento. In tutto questo scenario la cultura svolgerà un ruolo fondamentale perchè, ahimè, le Istituzioni hanno fallito; vedasi il caso di Della Valle e il suo intervento per ristrutturare il Colosseo.
Penso che dall'interazione di istituzioni-politica-cultura-mercato possa nascere un nuovo modello economico che debba avere come primo obiettivo l'emergenza climatica, dal quale non si può prescindere. In questo momento è importante equilibrare le sorti finchè questo modo di fare mercato sarà ritenuto il più plausibile e voluto dagli stessi azionisti. Ognuno deve cercare di fare la propria parte, io sto provando a farla con l'unica cosa che so fare: scrivere».
Edoardo Delle Donne:
«Un’ultima domanda, prima di salutarla e ringraziarla ancora per questo preziosissimo contributo che ha regalato alla nostra rivista. Per ogni numero dei Quaderni scegliamo una parola chiave, che guida i nostri Autori nelle loro riflessioni. La parola di questo numero è “armonia”. Cosa le suggerisce questo termine?».
Paolo Iabichino:
«Rimanda alla parola “equilibrare” che ho appena citato, ovvero creare finalmente un’armonia, appunto, tra poli contrapposti, come cerco di spiegare nel mio volume Ibridocene.
Pensiamo al dibattito tra didattica in presenza e a distanza che tanto ha occupato i nostri discorsi a seguito della pandemia. E' un esempio di poli contrapposti; che ci piaccia o no abbiamo dovuto prendere coscienza del fatto che questi due aspetti possono stare insieme. Oppure, lo smart working che deve entrare nelle logiche del lavoro e di cui bisogna farsene una ragione. Penso anche a umano e tecnologia, ambiente e uomo, intelligenza artificiale e umanesimo, profit e non-profit, tutti ibridi ma è nella loro convergenza che si crea l’armonia».
Piccola bibliografia di approfondimento:
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