Su iniziativa del Circolo La Scaletta e del Comune di Matera si è svolto nel pomeriggio nella Casa delle tecnologie emergenti un incontro sulla nuova questione meridionale e centralità del Mezzogiorno rispetto alle nuove sfide lanciate dal Decreto Legge sull’Autonomia differenziata delle Regioni.
Al tavolo sono intervenuti Monsignor Pino Caiazzo, Arcivescovo della Diocesi di Matera-Irsina e Vescovo di Tricarico, il sindaco di Matera, Domenico Bennardi, il presidente del Circolo La Scaletta, Paolo Stasi e il presidente dell’associazione Svimar.
Gli Stati Generali dei Sindaci, delle associazioni e dei cittadini del Sud sono stati organizzati per discutere sulla visione euro-mediterranea del Sud, aree interne ed autonomia differenziata e quindi dell’identità e del ruolo del Meridione d’Italia in un quadro politico-istituzionale ed economico che da anni ne penalizzano e ne mortificano le ambizioni di crescita.
L’obiettivo è statp quello di discutere ed approvare un manifesto “La Carta di Matera” per affermare il protagonismo del Mezzogiorno di fronte ai cambiamenti che si vogliono imprimere all’Italia ed esprimere proposte ed idee per dare dignità a tutti i territori del Paese.
All’incontro hanno già aderito oltre cinquanta tra Comuni, associazioni e circoli culturali di tutto il Mezzogiorno e il documento “La Carta di Matera” è stato sottoscritto anche dal Vescovo Caiazzo.
Paolo Emilio Stasi, Presidente del Circolo La Scaletta di Matera: “Abbiamo voluto fortemente questo incontro operativo dopo aver partecipato nelle scorse settimane a Pompei ad un’iniziativa analoga. La nostra non deve e non vuol essere un’assemblea di passivo dissenso rispetto al decreto legge sull’ autonomia differenziata che è stato voluto dal Nord per il Nord, ma un momento in cui rivendicare con forza il senso di un nuovo meridionalismo vincente e partecipativo, spirito che forse non ha accompagnato le azioni del passato, in cui il protagonismo dei territori si traduce in proposte concrete per contrastare l’idea che l’Italia ritorni all’epoca dei Ducati e delle dominazioni straniere. E’ stato quindi operativo per scrivere insieme il nostro futuro senza inutili piagnistei ma con la fermezza di chi sa di aver contribuito alla nascita e alla crescita del sistema Italia pagandone spesso il prezzo in termini di subalternità e sottosviluppo rispetto alle regioni del Nord”.
Di seguito report integrale e documento “La Carta di Matera”
Un Sud protagonista del percorso di sviluppo e delle dinamiche politiche, economiche e sociali del Paese, che propone un’Italia diversa da quella che il decreto legge sull’autonomia differenziata vorrebbe disegnare.
Con questo scopo circa cinquanta tra Comuni e associazioni provenienti dalle regioni del Mezzogiorno, su iniziativa del Circolo La Scaletta di Matera e con la collaborazione del Comune di Matera, hanno firmato un documento unitario che costituisce il punto di partenza per aprire il dibattito sul futuro dell’Italia che tenga insieme le diverse esigenze dei territori senza accrescerne i divari competitivi.
L’incontro che si è svolto nel pomeriggio di venerdì 1 marzo nella sala conferenze della Casa delle Tecnologie Emergenti di Matera, ha visto la partecipazione di numerosi sottoscrittori del documento che è stato approvato, tra gli altri, anche dall’Arcivescovo di Matera-Irsina e Tricarico, Monsignor Giuseppe Caiazzo.
Il documento sollecita una riforma organica del Titolo V della Costituzione attraverso i meccanismi previsti per le leggi di revisione della Carta e ribadisce la vocazione euromediterranea del Mezzogiorno, avamposto del Paese verso i territori del Nord Africa, dei Balcani, della Grecia, della Turchia e del Medio Oriente.
L’idea di fondo è quella di spingere le regioni del Sud Italia a sforzarsi di elaborare politiche di sviluppo comuni, a rafforzare le proprie relazioni per integrare e rendere competitivi i propri sistemi economici valorizzando quella coesione territoriale che sul piano sociale è già molto forte e identitaria.
“Il nostro obiettivo – spiega il presidente del Circolo La Scaletta Paolo Emilio Stasi – non è quello di esprimere doglianze. Quello dell’autonomia differenziata è un decreto legge che penalizza il Sud e non serve al Nord perché non consente una crescita organica del Paese. Siamo convinti che una riforma del Titolo V della Costituzione sia il modo migliore per affrontare in modo razionale l’assetto amministrativo dello Stato per affrontare le nuove sfide internazionali. Mi piacerebbe che questo documento possa essere denominato ‘Carta di Matera per un nuovo ruolo euromediterraneo del Sud’ ed è nostra intenzione coinvolgere nel dibattito anche Regioni e Comuni del Nord perché bisogna riaffermare l’idea che l’Italia non è fatta di punti cardinali ma di territori differenti ma uniti da storia e cultura comuni”.
“Dalla Città dei Sassi – è il commento di Giacomo Rosa, presidente dell’associazione Svimar che ha promosso la creazione del coordinamento – e dalla Capitale europea della Cultura del 2019 è nata una nuova speranza per il Mezzogiorno d’Italia. Il documento firmato, a cui hanno chiesto di aderire altri comuni ed associazioni del Mezzogiorno a testimonianza della crescita del movimento, sarà sottoposto all’attenzione dei Presidenti delle Regioni del Mezzogiorno, ai candidati al Parlamento europeo e sarà consegnato nelle mani del Presidente della Repubblica e della Presidente del Consiglio”.
Nelle prossime settimane sono già in programma altri incontri per allargare il consenso sul documento approvato in diversi comuni del Mezzogiorno.
INCONTRO OPERATIVO SULLA VISIONE EUROMEDITERRANEA DEL SUD, AREE INTERNE ED AUTONOMIA DIFFERENZIATA
L’Autonomia Differenziata, così come si sta configurando nel nostro Paese, è un progetto politico che potrebbe definirsi a breve, seppure in modo incompleto ed inadeguato.
Un tale progetto, nella attuale situazione politico-economica del paese, metterebbe in forte crisi le regioni del Sud dell’Italia per i motivi che tanti autori hanno da tempo evidenziato, accelerando il processo di spopolamento ed abbandono del territorio nelle regioni meridionali – già drammaticamente in atto soprattutto nelle aree interne – a vantaggio, in genere, delle aree metropolitane del paese e del nord soprattutto.
In un tale contesto, la ZES unica, gestita ed organizzata con una forte centralizzazione di poteri a livello statale, rappresenta una invenzione per far digerire l’autonomia differenziata alle regioni meridionali ed acuirà, ancora di più, lo squilibrio tra i territori del Mezzogiorno e le altre aree del paese, penalizzando non solo le aree interne ma tutti i territori privi di adeguate infrastrutture in termini di collegamenti e servizi.
Il Sud parte da una condizione caratterizzata da forti criticità:
crisi demografica e spopolamento
scarse opportunità di lavoro e di lavoro di qualità
rilevante presenza in molte regioni del sud di aree interne e marginali
condizioni diffuse di crisi produttive
scarsa attrattività a rimanere per i giovani e soprattutto per quelli con istruzione superiore
perdita di servizi di base di cittadinanza e crescenti difficoltà a garantirli
condizioni critiche della accessibilità verso l’esterno ed all’interno dei territori regionali e sub-regionali
fragilità del territorio e problematiche ambientali (rifiuti…..)
Al disegno di disgregare, di fatto, l’unità del paese ed il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini, va opposta con forza una proposta di: una nuova visione di futuro credibile e possibile per il SUD.
L’indubbio ruolo che l’Italia potrebbe svolgere nel Mediterraneo apre interessanti prospettive per il Sud dell’Italia come piattaforma di sviluppo a servizio dei paesi che affacciano sul Mediterraneo ed in particolare di quelli afroasiatici, ma anche dell’est Europa. Una porta dell’Europa sul Mediterraneo per costruire nuove e più profonde relazioni culturali, economiche, sociali.
Questa potrebbe essere la risposta al processo di autonomia differenziata che sta andando avanti. Rilanciare con un progetto, una visione del futuro appunto, a prescindere comunque dal dato che sia approvato o meno lo scellerato ddl Calderoli.
Superare quindi l’esperienza del regionalismo nelle forme fino ad oggi attuate e, nel caso delle regioni peninsulari meridionali, guardare ad una prospettiva macroregionale; per un reale confronto con lo stato centrale in molti settori, anche strategici, che renda possibile, nel rivendicare nuovi spazi di autonomia, mettere a sistema una nuova e più adeguata dimensione istituzionale.
In una tale prospettiva, che richiede tempi e gradualità nella concreta attuazione, si può partire dal rafforzare politiche di cooperazione interregionale.
In quali settori avviare una tale cooperazione? Infrastrutture, programmazione e pianificazione, ambiente, università, risorse idriche ed energetiche, sanità, politiche di sviluppo…
Nel processo di ridefinizione di ruoli e competenze dei differenti attori istituzionali – dalla dimensione europea e nazionale a quella regionale e locale – elemento centrale è rappresentato proprio dal cosiddetto ente intermedio tra la scala regionale e quella comunale. Un Ente delegato al governo, fondamentale nei nostri territori meridionali ma non solo, della cosiddetta area vasta.
Il tema dell’Ente Intermedio va oggi affrontato in una più ampia ipotesi di riequilibrio territoriale ed istituzionale, individuando i giusti territori per una efficace ed efficiente gestione dei servizi, in particolare quelli di cittadinanza, per una adeguata capacità di progettualità e promozione dello sviluppo economico; un riequilibrio territoriale che punti a creare e rafforzare le relazioni di interdipendenza e di cooperazione tra aree forti ed aree più deboli del paese, tra realtà metropolitane e territori interni, tra città e territori a minor densità insediativa, provando a creare pari opportunità di vita e lavoro nei differenti territori superando disuguaglianze territoriali e tendenze che privilegiano i territori più forti drenando risorse umane dalle aree economicamente più fragili e svantaggiate.
Una dimensione pluricomunale di area vasta per l’Ente Intermedio che, in tutte le situazione, dovrebbe prevedere una rappresentanza politica diretta (come nel caso delle vecchie Province).
Nel caso delle aree interne diventa strategica la individuazione di territori pertinenti sia per una riorganizzazione dei servizi (incidendo su forme innovative di erogazione degli stessi ed il miglioramento delle condizioni di mobilità interna alle aree) e sia per promuovere e consolidare credibili e durature politiche di sviluppo economico e sociale. La individuazione di territori pertinenti deve valutare anche e soprattutto le situazioni che potrebbero opportunamente interessare territori interregionali.
Alla luce dello scenario che si potrebbe configurare con il ddl sull’autonomia differenziata ed anche della proposta di una nuova configurazione degli Enti di rappresentanza istituzionale, l’unica azione, in prima battuta, da proporre a Governo e Parlamento è di fermarsi e prendere coscienza del fatto che, dopo ottanta anni, la nostra Costituzione va sicuramente aggiornata, non nei fondamentali, ma nei suoi Organi di Rappresentanza, ridisegnando una nuova forma di Stato. Non è più accettabile che tutti i Governi, da 20 anni a questa parte, abbiano come primo pensiero quello di interpretare e poi modificare l’art.5 della Costituzione.
Poiché per la scelta di promuovere una nuova Costituente i tempi non saranno brevi, come quelli che si teme siano per il ddl sulla autonomia differenziata, occorre porre con forza le seguenti questioni:
individuazione di ambiti territoriali di area vasta stabili (anche in accordo tra le Regioni interessate) per la erogazione dei servizi di base che possono anche prevedere assetti temporanei a geometrie variabili in riferimento a specifici ambiti ottimali di servizi superiori o a particolari strategie di intervento;
organizzazione (con uso spinto anche delle nuove tecnologie per la erogazione dei servizi di base e secondo modelli avanzati ed innovativi che tengano conto della particolarità del sistema territoriale organizzato in più centri da servire in genere in un tempo di accessibilità reciproca tra ogni comune e gli altri non superiore a 30 minuti); in tal senso andrebbero attentamente valutati i LEP tenendo opportunamente conto delle particolarità dei territori interni e della necessità di prevedere modelli organizzativi, e quindi costi di erogazione dei servizi, completamente diversi da quanto potrebbe definirsi per le aree urbane e metropolitane;
adeguamento delle infrastrutture per la mobilità interna all’area vasta per migliorare le condizioni di accessibilità interna e verso l’esterno;
promozione di progetti di sviluppo e valorizzazione delle economie locali ed in particolare di quelle tipiche e tradizionali;
progetti strutturati di accoglienza (in particolare di persone immigrate) ma anche di residenti temporanei, turisti….. e progetti di restanza per gli attuali residenti che prevedano anche forme di incentivazione;
favorire la complementarietà di ruoli e funzioni per i diversi Comuni compresi nell’ambito di area vasta per superare inutili atteggiamenti di competizione e concorrenza, favorendo, invece, un forte spirito di collaborazione e cooperazione tra le amministrazioni comunali e, soprattutto, tra le diverse comunità.
In particolare ed in conclusione:
riequilibrio territoriale ed adeguamento istituzionale (in particolare EE.LL.) come prioritarie condizioni per rallentare lo spopolamento del sud e delle aree interne e rallentare i fenomeni di inurbamento, anche per evitare pressioni fuori controllo sulle poche aree forti del paese e programmare invece una graduale riqualificazione e rigenerazione delle stesse aree urbane in termini anche di sostenibilità complessiva e di contrasto ai cambiamenti climatici che, spesso, si manifestano in forme drammatiche proprio nelle aree a maggiore densità di popolazione, anche in relazione alle maggiori condizioni di rischio presenti;
Per esemplificare, parlando di opportunità di lavoro, e di lavoro qualificato, il Sud potrebbe svolgere il ruolo di attrattore di talenti, mutuando il modello della Apple Academy di Napoli, esteso all’ intero territorio meridionale, adottando l’alta formazione in settori imprenditoriali tra loro diversi e complementari. Si potrebbe favorire la nascita di Academy nei settori già riconosciuti dalla programmazione 2014-2020 affiancate ai cluster di imprese già presenti sul territorio meridionale. I talenti attratti dalle Academy potrebbero essere connessi ai ragazzi meridionali formati negli ITS (Istituti Tecnologici Superiori) per favorire azioni di contaminazione e favorire la nascita delle imprese locali.
La banda larga costituisce l’autostrada su cui far viaggiare i servizi erogati dalle imprese locali; favorendo l’insediamento nelle aree interne si potrebbero innescare processi per l’inversione del fenomeno dell’abbandono; con la stessa tecnologia, estesa a tutti i Comuni, si attiverebbero telemedicina, formazione a distanza e insediamento di micro e piccole imprese, agevolando la erogazione di servizi la cui carenza è la causa principale dell’abbandono delle aree interne.
Ancora una grande agricoltura come quella delle nostre Regioni Meridionali, con numeri davvero sorprendenti per qualità e quantità, dovrebbe essere adeguatamente valorizzata e potenziata con interventi in termini di infrastrutturazione per i trasportie e la logistica. Ed anche nei modelli organizzativi della produzione, della commercializzazione, della promozione e dell’export, così come anche della ricerca e della sua applicazione.
Promuovere infine, soprattutto nelle aree interne, processi di RESTANZA e di ACCOGLIENZA; l’Italia, paese in forte crisi demografica dovrebbe avere interesse a definire politiche di accoglienza che favoriscano la integrazione di quote adeguate di popolazioni migranti (nell’ambito comunque di una politica comune UE) che devono trovare nel nostro paese non il territorio di passaggio verso altre realtà ma luoghi e territori in cui immaginare di fondare una nuova esperienza di vita (l’Italia deve diventare un paese attrattivo ed in particolare il Mezzogiorno); in tale prospettiva andranno anche valutati i LEP tenendo conto anche delle necessità e bisogni specifici di quote significative di nuova popolazione da accogliere.