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 "Non esiste il presente, tutti i percorsi sono memorie o domande"

 

Il giusto verso

Esiste ancora la Questione Meridionale?

  

Su una cosa i vecchi meridionalisti erano tutti (o quasi) d'accordo: la Questione Meridionale è la questione dello Stato Italiano.
Bene, se è così, allora è semplicemente proibito parlare lucano o napoletano o siciliano (naturalmente anche lombardo o bolognese o veneto), mentre è invece obbligatorio parlare tutti italiano. 
Dico questo perché quel concetto è stato ripreso sempre da molti nella fase espansiva della Prima Repubblica ma, negli ultimi decenni (quelli dell'avvento della Lega prima e poi del conseguente speculare e subalterno neo-borbonismo di molti al Sud), poco praticato.
Dunque la vecchia Questione Meridionale è “semplicemente” uno dei grandi problemi dello Stato Italiano e, tralasciando le incongruenze dell'unità nazionale e di tutta la fase di quel grande movimento che fu il Risorgimento, come tale va quindi affrontato e non come questione in qualche modo separata. Senonché, giunti a questo punto della storia, i problemi si sono così acutizzati e complicati che è diventato persino difficile nominare l'antica Questione.
Per tante ragioni, a partire dal fatto che il mondo si è “rimpicciolito”, e un problema un tempo così dirompente ha acquistato sempre più il sapore di una “contraddizione locale”, tanto più che grosse contraddizioni territoriali in Europa, si pensi come esempio alla Germania Ovest in rapporto a quella Est, sono state in gran parte risolte nella spazio di una generazione.
Questo la dice lunga non solo sulle miserie (diverse nei vari passaggi storici, naturalmente) delle classi dirigenti italiane ma anche sulle incongruenze dei meridionalisti e studiosi della Questione. Già, perché se un problema resta aperto per circa due secoli o giù di lì, vuol dire che anche chi vi ha scritto e creduto e lottato ha sbagliato su cose fondamentali.
Non esistono, insomma, lotte che durano duecento anni se non perché anche tra i lottatori c'è qualcosa di forte che non funziona.
Già, ma in cosa allora hanno sbagliato i grandi meridionalisti?
Ed esiste quindi ancora la Questione Meridionale?
Per ora mi limito, in questa breve nota, a rilanciare l'interrogativo lasciando il tutto un po' in sospeso.
Troppe cose sono andate deteriorandosi negli ultimi 40 anni,  egemonizzati da un dominio culturale neoliberista (ma, mi chiedo da oppositore di parte socialista, dov'è la grande cultura liberale?) in cui si è sviluppato un pressoché assoluto dominio dell'economico sul politico, cioè il primato delle cose su quello delle persone, che produce continui squilibri e tragedie (la recente guerra di aggressione criminale della Russia all'Ucraina va inquadrata dentro questo meccanismo infernale).
Naturalmente, nessuna scoperta dell'acqua calda: è sempre stato così quando si tradisce l'umano in favore delle cose. Sempre nella storia l'abbandono dell'umanità, in favore di “mercati vari” che diventano col passare del tempo nient'altro che feticci, ha prodotto tragedie. L'aggravante poi, nella nostra epoca, è lasciar soli quelli che sono a mio avviso i due soggetti forti del cambiamento: il mondo del lavoro dipendente e sfruttato (la “classe operaia diffusa”) e il mondo femminile, vera punta di diamante di qualsiasi nuova trasformazione positiva.
Allora, che fare per il nostro beneamato Sud?
Mi limito a indicare due punti che considero fondamentali in generale ma che possono anche aiutare a “sciogliere” l'antica Questione: la riqualificazione dei consumi e un nuovo assetto dell'(ex)Stato Italiano dentro la nuova cornice istituzionale europea.
Il primo punto è decisivo se si vuole intraprendere la strada di un nuovo progresso (nuovo, non la semplice continuità di quello passato).
Cosa vuol dire riqualificazione dei consumi? Significa che il vecchio modello del progresso iniziato dopo la seconda guerra mondiale è andato da tempo in crisi perché si è scoperto (almeno l'hanno scoperto le persone più avvedute) che molti dei consumi conquistati hanno preso una piega sbagliata.
 
Esempio: il dominio del trasporto su gomma, con l'uso abnorme dell'automobile privata, sta rovinando i nostri centri e le nostre città oltre a paralizzare e mettere in discussione l'aspetto positivo del mezzo di locomozione privata.
Altro esempio: il consumo di molti cibi, a partire dall'uso sconsiderato della carne e derivati, sta minando la salute delle persone.
O ancora: la cementificazione dei suoli sta creando problemi drammatici non solo alla qualità delle costruzioni ma soprattutto a quel vero e proprio punto cardine del nostro futuro che è il rilancio di una nuova agricoltura.
E si potrebbe continuare ancora.

Occorre quindi correggere queste distorsioni se si vuole andare avanti e non precipitare in un “accumulo” fanatico  e distruttivo delle vecchie cose.
La riqualificazione dei consumi obbliga naturalmente anche alla ristrutturazione  radicale del mondo del lavoro: altra questione principale per un nuovo inizio.
Il secondo punto è altrettanto decisivo: l'incongruenza degli assetti istituzionali degli (ex) Stati Nazionali in Europa è sotto gli occhi di tutti.
Penso che bisogna andare verso un Nuovo Stato Federale Europeo con i vecchi Stati Nazionali ridimensionati  con le funzioni più o meno delle attuali Regioni italiane, e il rilancio in grande stile (ecco il vero federalismo democratico!) dei Comuni, naturalmente riaggregati e accorpati, con numero di abitanti all'altezza del compito quindi, in Nuovi Municipi Europei. È mia opinione, in sintesi, che l'Europa democratica nasce davvero se ci sono questi due “capi” a tenere i fili: lo Stato Nuovo Europeo in alto e i Nuovi Municipi Europei in basso, naturalmente con i vecchi Stati Nazionali che fanno da raccordo. Tutto il resto dovrebbe scomparire.
È dentro queste due cose, cornice istituzionale nuova e contenuti riqualificati dei consumi, che va affrontata e “sciolta” ormai la vecchia Questione Meridionale. Affrontarla con i dibattiti del passato è fuorviante, regressivo e inutile.
Naturalmente tutto camminerà solo se i bisogni dell'uomo, il suo agire “collettivo”, la sua libertà e responsabilità individuale, torneranno al centro di un movimento di rinascita di un nuovo umanesimo europeo.

 
Post scriptum
: Non so se c'è una specificità del Sud d'Italia in questa rinascita imprescindibile di un nuovo umanesimo. Alcuni amici, pur abbastanza umili in verità, pensano che c'è una sorta di misteriosa “superiorità” nel Meridione.
Personalmente tendo a pensare di no, anche se aggiungo che sarebbe bello, e una lezione per molti, se questo movimento di “nuovo progresso” avesse nel Sud il suo centro propulsore.

 

Michele Fumagallo
(Giornalista) 

 

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