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Numeri & Idee

Utopia  e Pandemia: L’Elicottero Monetario.

 Noi e la Serenissima  

 

1. Politica Economica e Utopia: l’Elicottero Monetario

Se utopia è “formulazione di un assetto che non trova riscontro nella realtà” (cfr. Vocabolario Treccani), nella scienza economica possiamo trovare un’ idea che sembra avere proprio quel destino: l’elicottero monetario. Di cosa si tratta?  Nel 1969, Milton Friedman, insignito del Premio Nobel nel 1976, a fini didattici propose la metafora dell’elicottero monetario  per descrivere una particolare manovra di politica economica.
Si chiese cosa sarebbe successo se, usando un elicottero, si fosse fatto piovere sui cittadini delle banconote, con i cittadini ben consci che quell’evento non si sarebbe più ripetuto, e che le banconote non si dovevano restituire, né nell’immediato, né un domani sotto forma di tasse.
La sua risposta, in una situazione in cui tutti i beni e servizi possibilmente disponibili sono stati già prodotti, è che l’unico effetto sarebbe quello di un aumento dei prezzi. Negli anni, l’invenzione dell’elicottero monetario non è mai diventata realtà. Allo stesso tempo però, l’immagine di Friedman è divenuta sinonimo di una politica economica straordinaria.

Come si è trasformata negli anni la metafora dell’elicottero?
È diventata una ricetta di politica economica con tre  ingredienti essenziali.
Primo: un aumento una tantum dei trasferimenti dallo Stato ai cittadini, senza un corrispondente aumento, né presente né futuro, delle tasse; quindi un aumento del disavanzo pubblico.
Secondo: tale spesa pubblica in disavanzo viene finanziata stampando moneta, il che implica una riduzione, più o meno duratura, del valore della moneta che la banca centrale emette, cioè una svalutazione.
Quindi l’effetto complessivo dell’elicottero monetario sarebbe il combinato disposto del triangolo tra deficit pubblico, suo finanziamento a costo zero e corrispondenti rischi di svalutazione della moneta.

Ma davvero l’elicottero monetario non ha mai volato?
L’elicottero monetario è stato sistematicamente evocato ogni qualvolta un governo in atto ha messo in pratica il cosidetto finanziamento monetario del deficit pubblico; una politica economica di cui c’è traccia anche nei Paesi avanzati, almeno fino agli anni ’70 dello scorso millennio. Quell’elicottero monetario è sparito.
Perchè? Semplicemente perchè non era l’elicottero immaginato da Friedman, che vola una volta sola, magari perchè c’è una emergenza da affrontare.
Era diventato invece il risultato di una partita a due – da un lato i politici, dall’altro i mercati finanziari – che alla fine danneggiava i cittadini. I politici avevano infatti mostrato di avere una particolare propensione a far volare l’elicottero monetario in modo sistematico, per aumentare il consenso elettorale, con tutte le conseguenze negative connesse:  squilibri reali, di finanza pubblica e di instabilità bancaria, per non citare le patologie da inefficienza e corruzione.
Quello che insomma è accaduto è che all’aumentare della consapevolezza dei mercati finanziari della propensione dei politici a fare gli elicotteristi, l’elicottero creava solo danni, perchè si creava un mix tossico tra rischio politico e rischio economico.
Per cui, alla fine,  gli stessi politici hanno trovato conveniente introdurre un terzo giocatore – la banca centrale – che non poteva far volare più elicottero monetario, e con mercati pronti a premiare o a punire le politiche fiscali più o meno disciplinate.
Sulle regole della partita a tre è stata  ad esempio costruita la nostra  BCE. L’immagine dell’elicottero monetario è tornata alla ribalta nel 2020, durante la recessione pandemica.

2. Pandemia ed Elicottero Monetario: Oggi ...

In quei mesi l’elicottero monetario è stato una  delle possibili opzioni che è stata evocata come strategia da attivare nell’area Euro, proprio in ragione dell’eccezionalità della fase congiunturale che si stava affrontando.
L’esito macroeconomico dell’elicottero monetario europeo sarebbe dipeso da una sorta di partita a tre, giocata tra i politici, nazionali ed europei, la Banca Centrale Europea (BCE) ed i mercati finanziari.
In tale partita, la sequenza delle mosse ed il ruolo di ciascuno giocatore sarebbe divenuta una componente cruciale.
In quei mesi si parlò di economia di guerra; anche l’attuale premier Mario Draghi utilizzò quella espressione.
Si intendeva dire che, in una situazione eccezionale, anche la politica economica deve essere concepita in modo straordinario. Come avrebbe dovuto volare l’elicottero monetario? 
Innanzitutto, la prima mossa avrebbe dovuto essere dei politici europei, scegliendo  quale politica fiscale finanziare. La seconda mossa sarebbe dovuta essere fatta dalla BCE: la banca centrale  può implementare qualunque politica monetaria, purchè  sia compatibile con l’obiettivo di medio periodo di non intaccare stabilmente il valore dell’euro.
Quindi qualunque soluzione tecnica straordinaria  di elicottero monetario avrebbe dovuto minimizzare il rischio che tale azione non avrebbe intaccato la fiducia nella stabilità strutturale  dell’euro, o nella capacità della BCE di difenderla al ritorno dei tempi normali.
Il terzo giocatore – i mercati e l’economia in generale – avrebbero potuto giocare in qualunque momento, premiando o punendo l’interazione tra la politica fiscale e la politica monetaria. Questo perché la loro azione – due sono i canali: le scelte e le aspettative -  avrebbe potuto incidere sia sulle passività emesse dai politici  - il debito pubblico – che su quella emessa dalla BCE – il valore dell’euro.
Dunque l’efficacia di un elicottero monetario europeo sarebbe dipesa dalla capacità di politici e BCE di avere un efficace coordinamento della politica fiscale e monetaria; in questo caso, il piano sarebbe stato premiato dalle scelte di mercati ed economia. Nella realtà, c’è stato solo un timido avvio di una politica fiscale europea. L’elicottero monetario non ha mai volato.
Eppure, dal passato ci arriva una storia interessante.

3. ... E ieri: Venezia, 1630

Andiamo alle cronache della Serenissima Repubblica di Venezia.
Ci sono analogie assai interessanti. In primo luogo vi è il rapporto tra pandemia, istituzioni e politica.
Dal Trecento in poi la Repubblica impara che c’è un rischio pandemia – la peste – e crea istituzioni per gestirlo, come il Provveditorato alla Salute.
Ma poi c’è la politica: dichiarare un rischio pandemia può essere politicamente svantaggioso, perché occorre mettere in atto la politica di contenimento – quarantene incluse – che creano costi economici.
Quindi il politico è restio; è successo in questi mesi con Trump e Johnson, ma è accaduto a Venezia durante la peste del 1575.
Tra il Provveditorato che dichiara esserci la pandemia, e medici che affermavano il contrario, i governanti – ma anche il popolo – davano il loro favore ai medici “negazionisti”, e la loro ostilità al Provveditorato. Anche perchè ai mercati non piacevano le quarantene, ostacolo ai traffici ed alla produzione, fino a far dire che fosse «stato molto maggiore il numero di quelli mancati per disagio che di male contaggioso».
Ma se la peste c’era, la politica doveva mettere in atto politiche fiscali espansive – come distribuire viveri e aumentare i salari – anche per evitare che i disagi da quarantena si trasformassero in tumulti – «aspettarsi ogni sedition et crudele novità».
Quindi per affrontare l’emergenza, il governo può essere messo nelle condizioni di aumentare la spesa pubblica, facendo crescere il  debito pubblico e la moneta.
È quello che accadde a Venezia durante la recessione pandemica del 1629-31, quando carestia e peste colpirono duramente Venezia.
Il Banco di Venezia – il corrispondente delle nostre banche centrali – quintuplicò la creazione di moneta. L’effetto finale fu una forte svalutazione del ducato veneto, che costrinse il Banco a sospendere la convertibilità della sua moneta. Le perdite furono ripianate utilizzando le riserve della Zecca.
Gli squilibri della politica monetaria straordinaria furono riassorbiti nei mesi successivi.

Quali sono le lezioni della Serenissima?

Prima:
il disegno delle politiche di difesa della salute devono rappresentare un elemento strutturale, non congiunturale, di uno Stato efficiente.
Seconda: quando l’emergenza sanitaria si palesa, per comprendere cosa può accadere sono sempre necessarie due analisi: quella economica, vale a dire che i costi e benefici attesi per la popolazione nel suo complesso; quella politica, vale a dire della convenienza dei governanti a seguire, o non seguire, l’analisi economica.
Terza: solo se le due analisi coincidono, anche politiche economiche straordinarie possono realizzarsi.

A Venezia, nel 1630, è accaduto. In Europa, nel 2020, no.

 

Donato Masciandaro
(
Prof.re Ordinario di Economia Politica,
Università Bocconi-Milano)

 

  

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