"Ovunque ci sono stelle e azzurre profondità"
L'altro obiettivo
L’estetica al servizio dell’etica
Volevo fare una foto molto da vicino, entrare dentro al Buzkashi, il gioco equestre centroasiatico che è quel che resta di un’azione di guerra: i giocatori a cavallo si contendono selvaggiamente la carcassa di una capra o di un vitello come al tempo delle invasioni di Gengis Khan i vincitori si spartivano i prigionieri.
È considerato il gioco più violento del mondo sia per i giocatori, che se le danno di santa ragione, che per il pubblico, che cerca di stare il più vicino possibile all’azione, e che viene regolarmente caricato dai cavalli. Ho provato più volte a restare nel campo ma quando il mucchio di cavalli e uomini arrivava al galoppo, me la davo a gambe insieme agli altri spettatori, avvolta nel patou da uomo come loro, perché alle donne è vietato assistere al gioco. Non ero abbastanza vicina.
Fino a che un giorno, sono a Balkh, la città del grande poeta mistico Rumi, c’è la luce morbida che precede la neve, il groviglio di uomini e cavalli si avvicina pericolosamente, il pubblico accanto a me scappa, vedo un’immagine che mi è molto familiare, Guernica – una sua riproduzione copre un’intera parete dello studio di mio padre – e la prendo come un segno: è il momento giusto per tentare di restare immobile.
Confido nel fatto che i cavalli non caricano una persona ferma, con l’unica esperienza di averlo visto al cinema, prego il dio degli animali che non mangio, metto a fuoco gli occhi del cavallo bianco a sinistra e lo seguo fotografando fino alla minima distanza di messa a fuoco dell’obiettivo. Dopo di che, abbasso la macchina, stendo il mio braccio, metto la mano sul suo collo sudato e sento il suo cuore.
Sono dentro l’azione e resto incolume. Perché è importante la vicinanza? Perché porta chi guarda nel mirino e chi guarda la foto dentro il soggetto. Robert Capa sosteneva che se una foto non era buona era perché il fotografo non era abbastanza vicino. L’estetica è un tema importante e controverso nella fotografia sociale.
Molti fotografi sembrano evitare la bellezza, come se evidenziandola si approvasse la povertà, la disgrazia che rende “belli”.
Io sono nata nel centro di Roma in mezzo alla bellezza. Amo l’arte. E non approvo affatto la disuguaglianza.
Rifiuto l’estetismo fine a sé stesso, che per me è il contrario dell’estetica. Credo che l’estetica debba sempre essere empatica, mai narcisistica.
Mi commuove la bellezza inconsapevole, quella di cui parlava Pier Paolo Pasolini. La cerco nei posti e nelle situazioni peggiori dove, pur riconoscendo sempre l’immensa, ingiusta disuguaglianza, in qualche modo mi sento “a casa”.
Il Buzkashi è lo sport nazionale dell’Afghanistan, capitolato per seconda volta ai talebani dopo più di 40 anni di guerra. Tutto richiama la guerra: l’azione del gioco, la povertà dell’abbigliamento, il caschetto del cavaliere a sinistra che apparteneva a un carrista sovietico. Oltre a Guernica, mi ricorda la Battaglia di Anghiari, i quadri di Paolo Uccello, Rubens, Delacroix, il film L’armata Brancaleone, e naturalmente Pasolini.
Credo che vedere la bellezza – ovunque – voglia dire avere una visione, avere immaginazione e una missione, insomma essere liberi. E non scelgo fra estetica e etica, metto l’estetica al servizio dell’etica.
Laura Salvinelli
(Fotografa)
Afghan Guernica, Balkh, Afghanistan, 1391 (2013)
Ascolta il testo con la voce di Cosimo Frascella
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